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Nessuna timidezza, nè tanto meno convenevoli. Sul palco, ieri sera, è salito il rock, quello vero, quello che ti colpisce come un pugno nello stomaco. Secco, deciso, ma anche di classe, raffinato. Insomma, roba da intenditori, perchè a tenere il pubblico caldo nella seconda serata della festa europea della musica non c'erano nomi qualsiasi ma esponenti diprimo piano del rock. Sul palco, dunque, si sono alternati gli About Wayne, gli Autoreverse, gli Ashtray, i We love drums, i Mattamusa, i Fresh like roses, la Corte di Alice e, Domenico Sisto con il progetto "Lo chiamavano Omerthà".

Oltre alle band locali, sono arrivati da Roma nomi come About Wayne, band alternative rock e post grunge che si propone di abbattere gli stereotipi con schitarrate e accordi forti. Una lotta in musica che mette sulla scena cinismo e desiderio, lacrime e sorrisi. Di tutto e di più. Al loro fianco un'altra band romana, gli Autoreverse, che nel 2011, dopo la pubblicazione del nuovo singolo "Satelliti", si sono guadagnati l'apertura del concerto del Primo Maggio in Piazza S. Giovanni a Roma di fronte a 400.000 persone. C'erano poi "forze locali", come gli Ashtray, reggini, e i Mattamusa, gruppo di origine cauloniese. C'erano anche i Fresh like roses e i We love drums.

E poi c'era una vecchia conoscenza delle schitarrate locridee, quel Domenico Panetta, in arte Domenico Sisto, che ha portato sul palco il suo spettacolo "Lo chiamavano Omerthà". Un nome, un programma: già, perchè Sisto, che di quegli Omerthà era voce e leader carismatico, ha rispolverato il suo bagaglio d'esperienza, tirandovi fuori un pezzo di storia della musica calabrese ma anche italiana. Lo ha fatto condividendo il palco con alcuni tra gli artisti più bravi di questo pezzo di terra che è la Locride. Con lui, infatti, c'erano Enzo Tropepe, chitarrista dei Walking Trees, Francesco Dimasi, bassista dei "Sogni di rock and roll", Raul Colosimo, ex "Parto delle nuvole pesanti" al sax e Federico Placanica alla batteria. Gente che con uno strumento in mano ci sa fare, come si è visto. Gente che la cassa e il rullante te li fanno sentire nella pancia, insieme a quel sax, insieme dolce e graffiante, in grado di metterti a nudo. Chitarra e basso, poi, hanno completato un quadro che ha riportato i nostalgici indietro nel tempo, agli inizi degli anni novanta, quando fare musica era quasi un'eresia in una terra come la nostra. Quando Domenico Panetta, insieme ai "ragazzacci" degli Omerthà, aveva deciso di cantare la sua Caulonia e la sua Locride, con tutte le sue contraddizioni. Una terra arida ma bella, che sa far sorridere così come sa far piangere. Una contraddizione che trova la sua sintesi in pezzi rock che hanno segnato un'epoca e una generazione e che, ancora oggi, non possono non rappresentare una delle belle cose che questa terra è stata in grado di partorire.