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L'impatto è di quelli che non ti aspetti, che ti lascia un attimo interdetto. E se non ce l'avessi davanti il cantante di quel pezzo non ti verrebbe difficile immaginare che a impugnare quegli strumenti siano i classici intellettuali della scena indie italiana, quelli cazzuti, in gamba, che si spaccano la schiena per portare avanti la loro arte. Invece chi ha vissuto gli anni 80-90 loro li conosce bene. O almeno conosce lui, Domenico Sisto, voce "fuori dal coro" degli Omerthà, storica band cauloniese che ora lui rispolvera inserendone il nome in una band che di certo non ha nulla da farsi insegnare: gli "Omerthà Music Clan".
La loro nuova avventura non parte certo da un sottoscala polveroso della Locride ma dalla piattaforma musicale più grande del mondo, iTunes. Dal due luglio, infatti, ad ogni latitudine e longitudine del globo terrestre è possibile acquistare "Nu jornu", il primo singolo di un disco ancora top secret. Non è dato conoscerne il titolo, né sapere quali siano i temi caldi di questa nuova creazione artistica che però, di certo, mette curiosità a tutti. Per prima cosa perché a cantare è lui, il cantautore rock di Caulonia, l'eclettico artista-produttore che ti aspetta nel suo regno, il "6 sul Dado Record Art Studio", per farti assaporare il gusto della creazione musicale. E non è lui a parlarti della sua canzone, sei tu a doverlo fare. Perché lui è fatto così: vuole conoscere l'effetto di ciò che produce, sempre e comunque. Quando l'ascolti non hai dubbi: in quel pezzo c'è tutto, musicalità, grinta, tensione emotiva, rabbia benevola di chi può guardarsi in faccia e riconoscersi, perché non si è mai preso in giro. Però invita gli altri a spogliarsi dei pregiudizi, delle convinzioni e delle convenzioni, seguendo il ritmo degli strumenti, che ti incalzano, ti spingono a muoverti. Ti mettono frenesia.
E te lo dice anche Massimo Bonelli, general manager della Cni Music, che ha prodotto la prima fatica discografica di questa band tutta da scoprire. «Domenico ha una sensibilità non comune - spiega Bonelli -, comunica le sue emozioni con una sincerità disarmante, in modo semplice e diretto, come solo i grandi compositori sanno fare. Ne è venuto fuori un piccolo capolavoro, capace di fondere la Calabria alle sonorità del resto d'Europa. Lo trovo lungimirante». Il tutto avviene fondendo il dialetto a sonorità a tratti grunge, a tratti progressive e beat, messe insieme dalle mani di Matteo Cantaluppi, che ha dato il tocco finale nel suo "Tempel Studio" di Berlino, dove hanno lavorato artisti come Jovanotti, Saturnino e Peu Meurray.